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Referendum

Sindacato Nuovo, gennaio 2024, pag. 11-12. Intervista alla Segretaria nazionale Cgil Francesca Re David. Di Flavia Villani, Dipartimento Edilizia Fillea Cgil.

La Fillea lavora da tempo sulla contrattazione con le stazioni appaltanti, anche come spazio di parziale recupero degli elementi più critici del codice degli appalti. Qual è la valutazione complessiva della Cgil su questo tipo di strumento, posto che esistono anche molti protocolli confederali, su base provinciale e regionale, che affrontano il tema degli appalti? Qu­ale è il tuo giudizio sul protocollo Giubileo 2025?

Riteniamo che la contrattazione di anticipo, in particolare sul tema degli appalti, sia assolutamente uno strumento fondamentale da utilizzare e da estendere. Purtroppo non è ancora diffusa sufficientemente su altre materie altrettanto importanti. Penso, per parlare di un settore diverso dal vostro, a quando arriva un’azienda che ha un impatto molto forte sul territorio, come può essere, per fare un esempio, un magazzino Amazon, che magari ha più dipendenti degli abitanti del posto. Spesso non si prevede e non si mette in campo una consultazione di anticipo a vantaggio delle imprese locali e delle comunità.

Questo chiama in causa un’azione congiunta delle categorie insieme alla Confederazione. Non a caso l’Assemblea organizzativa della Cgil ha definito l’Assemblea dei delegati e degli attivisti dello SPI un luogo in cui condividere e quindi mettere insieme chi sta dentro il luogo di lavoro con chi vive sul territorio. Al contrario invece la contrattazione d’anticipo sugli appalti negli ultimi anni ha avuto uno sviluppo importante. E non c’è alcun dubbio che le due categorie che hanno contribuito a radicare questo strumento, pur in modo diverso per la loro specificità, sono la Fillea, per gli appalti di lavoro, e la Filcams, per gli appalti di servizio. L’azione di queste due categorie, che hanno anche competenze e esperienza consolidata nel tempo, è un elemento fondamentale sin dalla costruzione del bando, a tutela dei lavoratori ma anche della qualità stessa dell’opera o del servizio. La contrattazione di anticipo, da questo punto di vista, è quella che veramente può fare la differenza, soprattutto a fronte del nuovo codice degli appalti, cioè il Dlgs. 36/23, che ha anche aspetti negativi, tra cui l’appalto a cascata ed altri elementi. 

Da questo punto di vista il Protocollo sulle opere del Giubileo è un’intesa importantissima e da esportare. Importante politicamente, perché riguarda miliardi di euro di lavori ed è stato sottoscritto oltre che dal Commissario straordinario, il sindaco Gualtieri e dai sindacati edili di Cgil Cisl Uil, anche dalle associazioni datoriali. Importante per i contenuti e per la sua completezza: dal divieto di ricorrere al subappalto a cascata all’obbligo di applicare i CCNL edili come identificati dai codici Cnel (cioè i CCNL comparativamente più rappresentativi), dal settimanale di cantiere fino alla formazione per la salute e sicurezza e alla preponderanza degli aspetti tecnici e qualitativi rispetto ai ribassi sui costi. Il protocollo dimostra che si possono prendere le parti positive del Nuovo Codice, oggetto di un confronto con il Governo Draghi, e contrastare gli aspetti peggiorativi introdotti dal Governo Meloni.

Potenzialità positive come quelle previste dall’art. 11 del Codice o dall’articolo 41?

Certo, nell’articolo 11 del nuovo Codice vi sono delle grandi potenzialità che tocca a noi difendere e sfruttare, perché contiene novità che neppure chi si occupa di appalti nella pubblica amministrazione ha colto fino in fondo. Faccio riferimento, in particolare alla norma che definisce il contratto di riferimento da utilizzare con obbligo di esplicitarlo nel bando di gara e obbligo a dichiararlo anche da parte dell’operatore economico. Una conquista generale che va oltre l’edilizia, settore che da questo punto di vista è sempre stato un po’ punta avanzata e un po’ un mondo a sé. Il settore edile ha delle leggi proprie, ha prodotto - anche con l’impegno della Fillea - una legislazione importante che nei cantieri riconosce il contratto edile ed evita l’ingresso di contratti pirata; ha ottenuto, poi esteso a tutti, il principio di parità di trattamento tra lavoratori in appalto e lavoratori in subappalto; ha conquistato uno strumento di controllo e contrasto al lavoro irregolare potentissimo come il Durc di Congruità. 

In generale poi la definizione del contratto di riferimento o equivalente, non solo è valido per il salario, ma da ogni punto di vista, anche normativo: è una grandissima opportunità, se sappiamo utilizzare la norma e farla rispettare, che ci può aiutare in generale sugli appalti, anche nel mondo privato. Così come l’articolo 41 che dice che non solo i costi della sicurezza ma anche quelli della manodopera non possono essere oggetto di ribasso. A meno che l’azienda non dimostri (e la stazione appaltante verifichi) che ha una migliore organizzazione aziendale o migliori macchinari. Principi da estendere nel settore privato, dicevo, dove abbiamo un tema di sovrapposizione dei contratti evidente: se riuscissimo a definire quali sono i contratti di riferimento per il lavoro o per i servizi in modo specifico, questo ci aiuterebbe tantissimo. La stessa estensione della clausola sociale per la salvaguardia dell’occupazione soprattutto nei servizi, pur con limiti, è un’opportunità che si collega direttamente alla contrattazione di anticipo che dobbiamo presidiare con grande precisione.

Oggi quindi la priorità è sviluppare una vertenzialità forte con le stazioni appaltanti perché la norma è nuova e potrebbero esserci difficoltà anche nel maneggiarla. Per noi è fondamentale il ruolo di coordinamento della Cgil in questo e, appunto, volevamo capire se, secondo te, è replicabile un modello di protocollo tipo Giubileo includendo anche tradizioni contrattuali diverse dalla nostra?

C’è un tema di presa in carico in modo più preciso da parte di tutte le categorie della contrattazione di anticipo. Per parlare della mia esperienza personale - ho fatto la segretaria della Fiom di Roma e Lazio, una categoria che è diversa dalla Fillea o dalla Filcams - in una città come Roma molti appalti pubblici sono metalmeccanici e la stessa categoria non ha potuto non farci i conti. La strategia è stata ed è ancora oggi quella di portare le tutele degli appalti pubblici nel privato. 

È un problema enorme che va affrontato anche contrattualmente, mettendo dei paletti nei contratti nazionali e contrastando la politica del massimo ribasso. La sensibilità comincia per fortuna a essere diffusa. Dentro questo quadro non c’è dubbio che il protocollo “Giubileo” rappresenta un esempio ed infatti così lo abbiamo trasmesso alle strutture della Cgil, anche per il messaggio che da: non vengono messi in contrapposizione i tempi certi e la rapidità del lavoro  da svolgere con la sicurezza e i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori. È importante questo messaggio perché è la tentazione di dire che “per sbrigarsi superiamo le regole” quella che poi ha portato proprio concettualmente a considerare il lavoro un costo, a considerare la sicurezza un fatto accessorio. Questo è il messaggio e l’esempio concreto per noi, il punto di riferimento. I temi della sicurezza sono punti fondamentali, il benessere delle lavoratrici e dei lavoratori è quello che ti garantisce la qualità del lavoro. Aver normato anche il ricorso al ciclo continuo, con il limite però alle 8 ore giornaliere e il ricorso almeno alla quarta squadra, è un altro punto di merito di questo protocollo. Adesso bisognerà vigilare.

Un’ulteriore riflessione sulla sicurezza: nel protocollo abbiamo provato a mettere a disposizione la bilateralità edile che si occupa di formazione, estendendola a tutti i lavoratori che operano in cantiere indipendentemente se autonomi o dipendenti o se applicano altri CCNL. Questo proprio perché il “cantiere edile” comporta rischi specifici e quindi il lavoratore metalmeccanico piuttosto che il lavoratore del “gas acqua” che lavora in cantiere è sottoposto a tutta una serie di interferenze e rischi particolari. Che ne pensi di questa sperimentazione?  

Per esperienza credo che nel cantiere edile ci sia una sua specificità, come c’è per esempio anche in alcune grandi strutture industriali. Se non conosci bene l’ambiente di lavoro e non ti sai muovere dentro, incorri in rischi molto forti. Mi vengono in mente alcuni incidenti mortali che abbiamo avuto nella siderurgia in grandi stabilimenti anche del nord oltre che a Taranto. Anche negli stabilimenti del nord gli incidenti riguardano quasi sempre, forse ad esclusione della Thyssen Krupp dove vi fu un incendio, i lavoratori degli appalti o i lavoratori giovani, appena assunti, che ancora non sanno che in quel punto del cantiere, in quel punto dell’azienda siderurgica non si passa, perché ci sono dei carichi sospesi, perché c’è la colata, ecc. In linea generale, gli incidenti, anche mortali, non solo nell’edilizia ma anche nell’industria accadono soprattutto per “eccesso di precarietà” e/o “scarsa formazione”, a cui si aggiungono spesso ritmi e carichi eccessivi. 

Credo che la formazione specifica che ti dica dove sei, basandosi anche sul livello di addestramento rispetto al luogo dove lavori, sia un elemento fondamentale che dovremmo pretendere sempre. Gli edili hanno da questo punto di vista uno strumento in più, le loro scuole legate alle casse edili: quindi è giusto che le mettano a disposizione per questo obiettivo. Più la formazione è specifica per quei rischi e per quegli ambienti e meglio è, oltre le “famose 16 ore” minime previste dalla legge.

Infine permettimi una riflessione che riguarda gli edili ma non solo: le diverse manutenzioni che, in questi ultimi anni, sono diventate un lavoro ancora più duro, vista la mole di infrastrutture - ma anche di macchinari - che la super produttività insieme al tempo hanno reso più logore. Dobbiamo aprire una vera e propria vertenza sulla sicurezza dei lavoratori delle manutenzioni. Quello che è successo a Brandizzo è l’esempio più eclatante da questo punto di vista. Fretta, logica del profitto, sotto inquadramento e mancata attenzione da parte della stazione appaltante (RFI in questo caso): questo è stato il mix micidiale. Non si possono affrontare con queste logiche le manutenzioni!

Una riflessione finale collegata proprio a quello che hai detto. Per noi è fondamentale avere un confronto più stretto con le categorie che organizzano le stazioni appaltanti. Nella ricostruzione del valore della filiera è fondamentale la possibilità di condividere contenuti e strategie con chi poi materialmente governa i procedimenti ed è anche responsabile dei contenuti dei bandi di gara. Tu citavi Brandizzo: noi abbiamo aperto un tavolo anche con Ferrovie dello Stato in qualità di stazione appaltante e ci stiamo coordinando oltre che con la Cgil anche con la Filt. Questo modello è positivo perché ci porta anche a discutere su una serie di problematiche di carattere organizzativo che attengono, come ricordavi giustamente, alla compressione dei tempi di manutenzione e, in quel caso, all’esecuzione delle lavorazioni in permanenza d’esercizio. Per le opere commissariate, per i grandi interventi ANAS e Ferrovie abbiamo dei protocolli che stanno portando buoni risultati, ma come generalizzare tutto ciò, anche sui territori?

Questa è la vera scommessa, oltre agli esempi citati con i grandi committenti nazionali. Dobbiamo rompere la barriera che impedisce ai lavoratori e alle lavoratrici in appalto di avere una relazione con l’impresa committente e con il sindacato di riferimento. Sono però ottimista: negli ultimi tempi questo coordinamento si va diffondendo non solo tra Fillea e Filt. Per questo torno sull’importanza dei coordinamenti di sito, con sindacalisti e delegati che, indipendentemente dal loro CCNL, lavorano insieme.

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