21.05.14 Per Cgil e Fillea Milano e Lombardia "ora è fondamentale portare a termine l'Expo, nel rispetto degli accordi. Punire i colpevoli e vigilare contro ulteriori irregolarità. Poi serve un patto per lo sviluppo". Il reportage di Rassegna Sindacale, a cura di Chiara Cristilli.
IL VERO EXPO E' IL DOPO - EXPO
di Chiara Cristilli
“La cosa fondamentale, alla luce di quanto emerso dalle indagini della magistratura, è portare a termine l’Expo nel rispetto degli accordi sottoscritti in questi anni. Da una parte, si è delineato uno scenario di illegalità diffusa e, dall’altra, siamo in forte ritardo con la conclusione dei lavori. Ci troviamo di fronte alla solita situazione di emergenza: non vorremmo che ciò creasse un pretesto per introdurre formule che accelerino i ritmi, aggirando il rispetto dei diritti e della sicurezza all’interno dei cantieri”. Graziano Gorla, segretario generale della Camera del lavoro di Milano, esprime la sua preoccupazione in merito alle vicende giudiziarie che hanno travolto l’Expo e alle possibili conseguenze. “I membri della ‘cupola’ vanno puniti e al tempo stesso occorre vigilare per impedire ulteriori irregolarità, senza cadere nella trappola delle scorciatoie utili a guadagnare tempo. Tutto passa attraverso gli appalti”.
PROTOCOLLI PER LA LEGALITA'
Nel febbraio del 2012 era stato siglato un importante protocollo di legalità tra la prefettura di Milano ed Expo 2015 Spa, alla presenza del sindaco Pisapia, dell’ex ministro Cancellieri e di Cgil, Cisl e Uil. Le regole di trasparenza e di controllo contenute nel testo dovevano fungere da indirizzo per tutte le imprese e gli operatori impegnati nella realizzazione delle opere. L’aspirazione era fare di Expo un cantiere modello. Ma il documento non rappresenta che una tappa, nel percorso intrapreso in seguito all’aggiudicazione dell’esposizione universale da parte del nostro paese. Da allora, è stato un susseguirsi di accordi e protocolli la cui finalità era di impedire infiltrazioni mafiose e fenomeni di corruzione. La Cgil è sempre stata presente su questo fronte. Anche quando si è trattato di denunciare le continue irregolarità che, a dispetto degli sforzi compiuti, caratterizzavano lo svolgimento dei lavori. Oggi, le indagini della magistratura parlano di un intreccio di relazioni ampio e articolato, basato sullo scambio di favori e informazioni per il controllo delle gare d’appalto.
L’annuncio, da parte del governo, di affidare al presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone il compito di vigilare sull’Expo è stato accolto con favore, da parte della Cgil. Altrettanto non si può dire della bocciatura degli emendamenti relativi agli incrementi di organico per le amministrazioni locali e per le società “in house”, in relazione all’Expo, nell’ambito del decreto casa. “Ciò di cui avevamo bisogno era una deroga sui lavori pubblici, che permettesse al Comune di assumere direttamente per il periodo dell’evento. Altrimenti occorrerà appaltare i servizi. A chi, e con quali regole? La prossima esposizione non potrà essere efficacemente gestita, a livello locale, in assenza dell’indispensabile, seppur momentaneo, aumento di personale. Serve un provvedimento d’urgenza. Chiederemo al governo di intervenire”, precisa Gorla. In un contesto già di per sé inquinato, stabilire delle norme di ingaggio più lineari appare un presupposto indispensabile, se si intende salvaguardare la correttezza nei rapporti di lavoro. Lo scorso 5 maggio, poco prima che fosse reso noto il sistema della “cupola”, i sindacati ed Expo Spa hanno firmato un accordo che definisce alcune linee guida in tema occupazionale. I lavoratori attesi, compresi quelli dell’indotto, sono circa 10.000, in parte provenienti dall’estero. Ci si è quindi voluti dotare di uno strumento che stabilisse in materia contrattuale norme e regole comuni per tutti.
CAPORALATO E LAVORO NERO
Attualmente, nei cantieri sono presenti circa 1.200 operai edili. Quantificare il fenomeno appare ancora difficile, tuttavia si può affermare che caporalato e lavoro nero non abbiano tardato a manifestarsi nel sito dell’Expo. “Affermare ‘l’avevamo detto’ può apparire presuntuoso – osserva Marco Di Girolamo, segretario generale della Fillea della Lombardia, in relazione ai risultati dell’indagine “Infinito” –, ma già da alcuni anni esprimevamo con forza il nostro allarme. C’erano dei presupposti che rendevano difficile pensare a dinamiche produttive rispettose delle regole”. I presupposti cui Di Girolamo fa riferimento sono le modalità con le quali le ditte Cmc e Mantovani hanno vinto i importanti appalti per la preparazione dell’esposizione universale. Nel 2011, la Cmc si aggiudicò i lavori preliminari con un ribasso del 43 per cento.
L’anno successivo fu la volta della Mantovani Spa, cui venne affidata la costruzione della cosiddetta Piastra, cioè delle infrastrutture necessarie a ospitare i padiglioni. In questa seconda occasione si seguì il parametro dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con un abbattimento dei costi del 42 per cento. Troppo, per credere che le cose fossero in regola. E infatti le due aziende sono poi finite al centro di un’inchiesta sui criteri di organizzazione delle gare. Più di 30 sono state via via colpite da interdittive prefettizie antimafia. “Ribassi così evidenti hanno un effetto diretto anche sui subappalti e, a cascata, sulle condizioni dei lavoratori”, prosegue Di Girolamo. “Quando si tratta di realizzare un’opera, gli imperativi sono sempre gli stessi: concluderla nel minor tempo possibile e al prezzo più conveniente. In un settore come il nostro, in cui lo sviluppo tecnologico ha un ruolo marginale, tutto si gioca sull’aumento dell’intensità lavorativa. Ciò vuol dire che, a parità di ore, bisogna agire più rapidamente, a discapito della sicurezza e dei diritti degli operai. Purtroppo, in Italia viviamo una condizione che va ben al di là della ‘cupola’ e del mancato rispetto delle regole. Si tratta di un diffuso senso di impunità. Qualsiasi cosa accada, si tende a credere che difficilmente ci saranno delle conseguenze di carattere penale. Il nostro è un problema culturale”.
UN VOLANO PER LA 'NDRANGHETA
C’è da chiedersi cosa ne sarà di Milano e dell’Italia, una volta smontati i padiglioni dell’Expo. Un quesito ripetuto più volte, nel corso degli ultimi anni, soprattutto in coincidenza con la presentazione di nuove misure di contrasto alla penetrazione della criminalità organizzata nel territorio. La preoccupazione è che l’Expo possa rappresentare un volano per la ’ndrangheta, un’imperdibile occasione per stabilire un controllo ancora più stringente sul tessuto economico. E anche se l’evento si è di gran lunga ridimensionato rispetto alle previsioni iniziali, il rischio rimane. L’ultimo scandalo sugli appalti non chiama in causa le mafie, ma fenomeni di corruzione. Due aspetti che, a ben vedere, spesso si incontrano. “Nei cantieri collegati a Expo, come in altri, qualche relazione tra la corruzione e il tasso di infiltrazione della ’ndrangheta c’è, e c’è sempre stata. Difficilmente questi due elementi camminano in modo separato”, interviene ancora Di Girolamo.
LE POTENZIALITA' DELL'EXPO
Nonostante la gravità e gli ostacoli che si frappongono alla buona riuscita dell’evento, la Cgil continua a nutrire delle aspettative sulle potenzialità dell’Expo. Anzi, per Di Girolamo, il vero Expo è il dopo Expo. Almeno per quanto attiene al comparto dell’edilizia. Terminato l’evento, rimarrà un’area di oltre 1.000 metri quadri da utilizzare. Di sicuro ci sono la costruzione di un nuovo stadio e un vasto investimento in favore di nuovi insediamenti abitativi, mentre ulteriori progetti saranno analizzati in seguito. Gli spunti sono molteplici. Hanno a che fare con l’idea di città e di sviluppo che si vuole costruire. I temi – al centro del dibattito in occasione dei recenti congressi cittadino e regionale della Cgil – riguardano la green economy, l’alta tecnologia, il recupero del manifatturiero, la ricerca. Ci sono aree dismesse da recuperare, un sistema aeroportuale da rimettere in sesto, periferie da riqualificare. “Se vogliamo creare ricchezza e occupazione – conclude Gorla – abbiamo bisogno di un patto per lo sviluppo che veda tutti coinvolti. Ma in questo momento pare che la politica voglia discutere senza di noi, e ciò indebolisce, sia in termini di capacità di uscita dalla crisi che di coesione sociale. Invece, bisognerebbe tenere unito il paese, creando un legame più forte tra coloro che ne hanno a cuore il futuro”.