24.02.14 Carissimi Compagni, amici ed invitati, vi do il benvenuti al nostro XVIII° Congresso Provinciale della FILLEA CGIL di Lecco ringraziandovi per la vostra partecipazione. Abbiamo deciso fortemente di svolgere questo nostro Congresso in una splendida cornice quale quella del Politecnico di Milano con sede a Lecco. All’interno di questi luoghi si svolgono, corsi e studi sui materiali per una edilizia eco compatibile e per far crescere la cultura di un nuovo modo di costruire, in linea allo slogan del nostro Congresso: “Città future”.
Arriviamo a questo nostro Congresso dopo aver consultato centinaia di lavoratori in occasione delle assemblee di base. Con loro ci siamo confrontati, anche animatamente, ma con una grande voglia di cambiamento, di riscatto, di orgoglio per far parte di una Organizzazione dove si parla di merito e non di cose astratte, come talvolta vediamo fare alla politica.
Molti sono stati gli elementi di discussione che tenterò di riassumere in questa mia relazione.
Certo che è emerso in maniera tangibile la forte preoccupazione dei lavoratori sulla possibilità di perdere il proprio posto di lavoro.
Pensiamo ancora una volta, forse con presunzione, valutatelo voi, di poter esprimere le nostre proposte per ricercare soluzioni per uscire disperatamente da questa difficile fase congiunturale.
Probabilmente, questa crisi economica che stiamo attraversando non è solamente frutto di mancanza di lavoro, di liquidità, di investimenti, o di qualsiasi altro parametro economico. Io sono sinceramente convinto che questa crisi sia partita fondamentalmente da una profonda crisi di identità e di appartenenza.
Spesso in questi anni abbiamo assistito ad investimenti finanziari, talvolta speculativi che apparentemente davano abbagli ed illusioni a facili profitti.
Nella sostanza, probabilmente, senza nemmeno accorgercene, stiamo assistendo ad un processo di deindustrializzazione a favore della finanza con una particolare accelerazione in questi ultimi cinque anni .
Le ragioni di debolezza del nostro sistema produttivo sono ben note a tutti, ovvero scarsa capitalizzazione delle imprese, con particolare riferimento a quelle edili, mancanza di liquidità, difficoltà di accesso al credito, aumento degli insoluti, concorrenza sleale caratterizzata anche da lavoro irregolare ecc….
Nell’ambito industriale va tenuta conto anche della fragilità del nostro sistema industriale che negl’anni si è trasformato in medie e piccolissime imprese, in concorrenza fra loro e senza un sistema imprenditoriale coeso in cui ognuno fa da se.
Nello stesso tempo stiamo assistendo ad un paese che ha deciso insieme alle imprese di investire poco sull’innovazione e sulla ricerca.
Tutti questi aspetti hanno comportato forti difficoltà per il nostro paese e per le sue imprese di sopravvivere all’interno di un mercato globale dove la concorrenza è spietata ed è caratterizzata da innovazioni e capacità produttive all’avanguardia.
Oggi ci ritroviamo davanti ad uno scenario drammatico e nello stesso tempo difficile da gestire.
La crisi dei nostri settori evidenzia anche quanto è calato l’investimento di ogni singola famiglia per l’acquisto di beni durevoli ma talvolta indispensabili.
L’acquisto della propria abitazione, in Italia rimane ancora un investimento difficile che indebita strutturalmente milioni di famiglie ma resta l’ambizione ed il sogno di molti.
Spesso in questi anni ci siamo chiesti quale vero valore diamo al lavoro, al voler fare, al voler realizzare e produrre un bene.
Vedete, potrebbe a prima vista apparire questa una banalità ma per una categoria come la nostra dove si realizzano straordinari beni durevoli come le case, i mobili, i capannoni, ecc. non è poi così una banalità.
Ogni volta che in questo territorio abbiamo chiuso una realtà lavorativa del nostro settore, abbiamo cancellato pagine di storia e di tradizione del nostro paese ed in particolare della nostra piccola provincia.
Quanti straordinari lavoratori e quindi quante straordinarie professionalità abbiamo smarrito ogniqualvolta abbiamo chiuso realtà aziendali come queste?
E’ allora penso che la nostra vera crisi stia proprio dentro a questi delicati aspetti, ovvero l’incapacità di salvaguardare il sistema industriale lecchese che ha fatto la storia dell’industrializzazione lombarda e quindi di quella italiana.
La responsabilità va ricercata sotto il ruolo di ognuno di noi all’interno di questa sala.
In questi quattro lunghi anni trascorsi con la mia, la nostra Segreteria, abbiamo dovuto affrontare difficili fasi di ristrutturazioni aziendali molte delle quali si sono trasformate in totali chiusure di importanti realtà produttive, generando un pesante impatto occupazionale per l’intera provincia.
Rivisitazione della normativa fallimentare
In questi ultimi anni abbiamo dovuto affrontare procedure fallimentari che hanno coinvolto prevalentemente imprese edili ma non solo.
Il Concordato Preventivo è quello che va maggiormente di moda, in un panorama legislativo che tutela e salvaguardia principalmente beni patrimoniali a discapito dei lavoratori.
Le ultime novità normative consentono addirittura ad una Società di richiedere un periodo di pre concordato ovvero un lasso di tempo per preparare al meglio il proprio Concordato senza che alcuni possano aggredire lo Stato Patrimoniale dell’impresa.
Questo sistema consente alle Società, nella massima tranquillità di ricercare le migliori condizioni per evitare di entrare in fallimento.
Abbiano riscontrato addirittura situazioni dove la Società in prè concordato, nell’ambito della propria attività ordinaria, continuava ad incrementare debiti e in taluni casi l’impresario studiava le strategie migliori da poter intraprendere per riacquistarsi la propria impresa mediante una nuova Società neo costituita.
In effetti molti di questi concordati hanno consentito allo stesso “Imprenditore” di riacquistarsi la medesima Società scegliendo i rami aziendali più fiorenti e scaricando sul Tribunale debiti e lavoratori considerati superflui.
In questa situazione si evidenzia come il legislatore salvaguardi unicamente i beni della Società, senza alcun riguardo nei confronti dei lavoratori.
Per esempio, nel periodo di prè concordato i lavoratori non impegnati nell’attività lavorativa, sono privi di alcun tipo di ammortizzatore sociale, fatto salvo la Cassa Integrazione in deroga quando viene finanziata.
Difatti in questo periodo la normativa sugli Ammortizzatori Sociali non consente l’accesso alla Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria – CIGS in quanto l’azienda in questa fase non si trova ne in procedura di Concordato ne in procedura di Fallimento.
Al di fuori di questi tecnicismi, il dramma sta nel fatto che spesso ritroviamo gli stessi imprenditori coinvolti in simili procedure a riaprire imprese depurate da debiti e forza lavoro con drammatiche conseguenze non solo per i lavoratori dipendenti ma anche per lavoratori autonomi, fornitori, e quindi per tutto l’indotto e tutta la filiera ad essa collegata.
Questo meccanismo ancora troppo sottovalutato da parte anche delle Associazioni Datoriali, rischia di fare saltare l’intero sistema industriale italiano.
Abbiamo la necessità di ricercare soluzioni condivise con le tutte le Parti Sociali al fine di richiedere al Governo una drastica modifica sull’attuale quadro legislativo a salvaguardia del tessuto socio economico del nostro paese.
Questo è il motivo per cui all’interno del nostro Congresso sottoporrò al voto di tutti i delegati e le delegate uno specifico Ordine del Giorno che, se approvato, verrà presentato alle diverse istanze congressuali e della Camera del Lavoro di Lecco.
A tal proposito abbiamo anche invitato alla nostra assise congressuale e ringrazio per chi ha trovato il tempo di partecipare, consulenti, curatori fallimentari, commissari giudiziari, liquidatori, ed il Giudice Delegato della Sezione Fallimentare del Tribunale di Lecco.
E’ evidente che nel rispetto dei ruoli che ognuno di noi ha e deve mantenere, ci farebbe piacere confrontarci pubblicamente nell’ambito di un Convegno che vorremmo fare nei prossimi mesi su questa complessa e delicata materia.
Una cosa ci sentiamo di dire con forza e continuare a ribadire. Sino ad oggi le nostre rigide e ferme posizioni sulla richiesta di Casse integrazioni, proroghe di CIGS, attivazioni di tavoli istituzionali, forzature nell’ambito di cessioni di rami per la ricollocazione dei lavoratori sono sempre state volte a tutela non solo dei dipendenti che rappresentiamo ma dell’intero ceto creditorio.
Ci teniamo a precisarlo in quanto spesso siamo stati accusati di essere coloro che proponeva soluzioni furbesche per mettere in difficoltà la procedura e quindi i restanti creditori.
Così non è e l’abbiamo dimostrato più volte, ottenendo dal Ministero del Lavoro e del Mi.se, l’autorizzazione per mantenere in forza i dipendenti senza il danneggiamento di alcuni. Spero che questo ci venga finalmente riconosciuto.
Ringrazio comunque chi nell’ambito delle procedure e nell’ambito del rigido ruolo di responsabilità che riveste, ha comunque avuto un occhio di riguardo nei confronti dei lavoratori, ricercando e convincendo il Giudice Delegato, che si può anche avere un particolare occhio di riguardo alla ricaduta occupazionale.
Ammortizzatori Sociali
Nell’ambito degli Ammortizzatori Sociali possiamo dire che oramai questo strumento non è più in grado, così come strutturato, di dare risposte concrete ai lavoratori che ne fanno uso.
Per accedere al pagamento di una Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria – CIGO nella Provincia di Lecco occorrono dai tre ai quattro mesi. Peraltro la normativa contrattuale non vincola l’impresa ad anticipare a nome e per conto dell’Inps tale trattamento economico e le imprese che non intendono fare accordi sindacali in tal senso, generano un disagio al lavoratore non indifferente.
Ancora più grave diventa il problema per l’attivazione della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria – CIGS per la quale, a causa dell’articolato iter burocratico, in questi periodo contiamo dai sette ai nove mesi di attesa, fatto salvo eventuali inconvenienti legati alla presentazione della pratica.
E’ evidente che se l’ammortizzatore sociale deve essere quello strumento che garantisce un minimo sostegno al reddito, diventa difficile pensare come una famiglia monoreddito, possa vivere con circa 900, 1000 € e che gli vengano erogati dopo lunghi ed estenuanti mesi di attesa.
Questa situazione, impone tutti noi di intervenire tempestivamente mediate una riforma che tenga in considerazione il perdurare delle crisi e che consenta ad un lavoratore di vivere dignitosamente.
Non più di due anni fa, in considerazione delle condizioni socio economiche che si andavano a prospettare, la CGIL aveva avanzato una proposta di riforma degli Ammortizzatori Sociali, la quale interveniva su due fondamentali aspetti.
Da un lato si proponeva un meccanismo di inclusione agli Ammortizzatori Sociali in maniera che settori come il mondo del commercio, del terziario, dell’artigianato (fatto salvo il comparto edile), potesse gradualmente entrare a far parte di questo sistema mediate una contribuzione aggiuntiva, tale da consentirgli la piena titolarità alla Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria – CIGO. Oggi questi settori utilizzano impropriamente la Cassa Integrazione Guadagni in Deroga, la quale viene erogata in funzione alla arbitraria disponibilità economica di Stato e Regione.
Io personalmente mi sono permesso di averla denominata: “Cassa Integrazione finta”.
Dall’altro lato si richiedeva di aumentare l’importo di erogazione non più adeguato ad un dignitoso sostegno al reddito. Utile potrebbe essere quanto avviene in altri paesi europei come la Francia, dove da anni è stato introdotto un reddito minimo garantito in percentuale alla media delle retribuzioni percepite.
A mio avviso, va rivisto anche l’iter burocratico per l’autorizzazione del pagamento della Cassa Integrazione. Basti pensare che per richiedere una Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria le parti (OO.SS., Associazioni Imprenditoriali e Società richiedente), devono effettuare due esami congiunti (uno in sede sindacale ed uno presso l’Agenzia Regionale ARIFL), dopodiché la pratica viene elaborata dal Ministero del Lavoro a Roma ed in fine inviata per autorizzazione all’INPS di competenze. Tanti passaggi inutili e ripetitivi che fanno lievitare le tempistiche a discapito del lavoratore.
Anche per quanto concerne le procedure di mobilità, riteniamo inaccettabile il decreto Fornero, il quale si pone come obbiettivo, in un momento di crisi come questo, di abrogare entro il 2017 tale indispensabile ammortizzatore sociale.
Spesso, in ambito di trattativa, molti lavoratori venivano traghettati con lo strumento della mobilità sino a tre anni, alla pensione, ad altri invece li si consentiva di poter utilizzare questo ammortizzatore anche come biglietto da visita per l’incentivazione ad una nuova assunzione.
L’operazione che invece andrebbe fatta è quella di consentire anche al settore delle costruzioni di avere diritto alla mobilità visto che pagano una contribuzione ben più alta di quella del settore industria.
Crisi di settore
Oggi il settore delle Costruzioni si trova in una profonda crisi che aimè dura da troppo tempo. Per comprendere nei numeri l’entità di questo difficile momento, necessita dare uno sguardo alle statistiche che vengono elaborate dalla Cassa Edile.
In premessa, va tenuto in considerazione che i dati che andiamo ad analizzare, fanno parte di un’ osservatorio privilegiato che registra fedelmente tutte le informazioni necessarie sulle imprese edili regolari, presenti in Cassa Edile.
Sono pertanto escluse tutte quelle imprese che vivono nell’ irregolarità e di tutte quelle che lavorano fuori provincia, in quanto hanno dovuto trasferirsi per mancanza di lavoro.
Dalle tabelle dei dati Cassew Edili, emerge come tra il 2005 e il 2013 si sono perse in percentuale il 16.2% delle imprese, il 26% degli addetti e il 23% delle ore lavorate.
Particolare il dato della cassa integrazione,che ha subito una forte impennata negli ultimi tre anni. Una impennata che non può essere condizionata dal maltempo bensì dalla evidente situazione congiunturale.
QUei dati fanno emergere con chiarezza, ma anche con forte preoccupazione che il settore delle costruzioni in Provincia di Lecco si è completamente trasformato e ridimensionato significativamente.
Questo è il motivo perché da anni continuiamo a chiedere con determinazione ad Istituzioni e soprattutto alle Associazioni Imprenditoriali di ANCE e Confartigianato un confronto per sviluppare congiuntamente delle strategie.
Noi, forse con presunzione, pensiamo di avanzare in questa sede delle proposte concrete e di possibile attuazione.
Partendo dai dati sopra citati, vorremmo analizzare il problema per ricercare delle possibili soluzioni.
Abbiamo voluto distinguere quello che è l’edilizia pubblica da quella privata, proprio per differenti modalità di approccio e di acquisizione dell’attività produttiva.
Nella Provincia di Lecco le imprese edili, per la loro dimensione e per le loro caratteristiche, lavorano prevalentemente con il privato, tanto da definire un rapporto tra pubblico e privato che approssimativamente possiamo rappresentare in 20% lavori edili pubblici ed un buon 80% lavori di edilizia privata.
Entrambe le attività, pubblico e privato presentano punti di criticità ma molto differenti tra loro.
Nei lavori edili pubblici, specialmente in quest’ultimo periodo, riscontriamo una significativa riduzione delle gare di appalto e quindi delle stesse opere, molte delle quali acquisite anche con ribassi sino al 45%.
Questo è anche il motivo perché in Provincia di Lecco abbiamo fortemente richiesto come Organizzazioni Sindacali di FILLEA, FILCA e FeNEAL la stesura di un Protocollo di Intesa sulla trasparenza dei Bandi e sulla modalità per loro realizzazione.
Un lavoro complesso, lungo e travagliato che ci ha impegnato con tenacia per quattro lunghi anni e che pur con qualche resistenze da parte delle Associazioni imprenditoriali ci ha consentito di raggiungere un accordo il 26 giugno 2013 presso la Camera di Commercio di Lecco.
Per questo risultato, dobbiamo ringraziare l’indispensabile contributo della Prefettura di Lecco ed in particolar modo del Dott. Simeone, Vice Prefetto di Lecco, il quale con la sua elevata professionalità e costanza ha consentito di sviluppare questo importate Protocollo imponendosi alle resistenze di Associazioni Datoriali e di alcune Committenze Pubbliche.
Questo lavoro è stato frutto di mediazioni che hanno significativamente ridimensionato le nostre richieste ma che tuttavia hanno reso possibile la realizzazione per la prima volta sul nostro territorio, di un testo che tenesse in considerazione tutte le ultime novità legislative ma che fondamentalmente impegna l’insieme di tutte le parti sociali ed istituzionali.
Nella sostanza questo Protocollo si basa sul monitoraggio dell’esecuzione dell’opera, dalla progettazione sino alla sua realizzazione in tutte le sue fasi, sia nei confronti delle imprese coinvolte che sugli interventi di sub appalto, fornitura e sub contratti tenendo in costante osservazione, flussi finanziari, lavoratori coinvolti, attrezzature impegnate e modalità di attuazione dell’opera con particolare attenzione all’attività di prevenzione e sicurezza adottate in cantiere.
Un modello che può essere riproposto ed adattato anche per le acquisizioni di altre tipologie di appalti, non necessariamente legate al settore edile.
Lo stesso protocollo prevede una serie di restrizioni da parte delle imprese che, se non applicate, impone importanti sanzioni sino, per i casi più gravi, anche alla recinsione del contratto di appalto.
Questo Protocollo d’intesa è stato analizzato dettagliatamente dal Ministero degli Interni il quale ne ha condiviso i contenuti e la compatibilità con la normativa vigente in materia di Appalti Pubblici.
L’attuale Protocollo non ha trovato ancora nessuna attuazione nelle opere pubbliche attualmente presenti in Provincia di Lecco, in quanto acquisite prima della sua stesura. Ciò non vuol significare il fatto che le linee guida inserite nel Protocollo non possano essere adottate in coerenza a quanto comunque condiviso fra le parti.
Questo è il motivo per cui invitiamo pubblicamente l’Assessorato ai Lavori Pubblici dell’Amministrazione Provinciale di Lecco ad aumentare la soglia di attenzione sulle opere già in fase di esecuzione sul nostro territorio con particolare attenzione al Cantiere per la realizzazione della direttrice Lecco – Bergamo.
L’altro preoccupante aspetto è legato ancora una volta alle modalità di pagamento da parte della Stazione Appaltante. Su questo aspetto chiediamo una riflessione da parte degli Amministratori Locali affinché possano intervenire tempestivamente con le proprie istanze superiori.
Difatti, se da un lato il Parlamento ha emanato normative finalizzate ad un allentamento del Patto di Stabilità, dall’altro continuiamo, nostro malgrado, a registrare ritardi significativi sui pagamenti gli Stati di Avanzamento Lavoro – SAL.
E’ evidente che se chiediamo ad una o più imprese applicazioni di regole precise ed imprescindibili su come realizzare queste opere, dobbiamo nello stesso tempo mantenere per lo stesso principio impegni certi sui pagamenti. Diversamente si rischia di perdere di credibilità.
Questo è un appello forte che facciamo in quanto, quando questi impegni non vengono mantenuti, spesso i primi a pagarne le conseguenze sono proprio i lavoratori che sono operanti sul cantiere e che magari provengono da località lontane con l’ambizione di portare a casa uno stipendio. Troppo spesso assistiamo a lavoratori che si sostituiscono alle Banche, i quali non vengono retribuiti in quanto il loro datore di lavoro deve recuperare liquidità per pagare il DURC e rimanere nella apparente “regolarità”.
E’ evidente che questo Paese deve decidere su cosa vuole investire e con quale priorità. Noi abbiamo sempre pensato, e non da ora, che un Paese come l’Italia, per ripartire debba investire su infrastrutture di immediata realizzazione e di evidente utilità.
Solo con questi aspetti sosteniamo il Sistema Industriale.
Se solamente dovessimo pensare alla Lombardia, quale Regione più industrializzata dell’Italia, riscontreremmo una serie di contraddizioni.
Tra le Provincie di Lecco, Como, Sondrio e Bergamo, considerate tra le più produttive d’Italia, non è stata realizzata una viabilità in grado di soddisfare le esigenze di sviluppo industriale. Difatti per raggiungere il primo raccordo autostradale per un autoarticolato, necessitano dalle tre alle quattro ore o forse più.
E’ evidente che queste tempistiche e questo disservizio per le aziende incide significativamente sui costi.
Altro che intervenire, come sempre si dice, sui costi dei propri dipendenti.
Allora ci chiediamo quanto possa venire utile, sotto un aspetto prioritario, costruire una Bre.Be.Mi a ridosso della già presente A4, quando nei nostri territori, per percorrere trenta chilometri dobbiamo impiegarci così tanto tempo?
E’ evidente, specialmente in questo momento di crisi, che questi aspetti hanno una rilevanza strategica sulle scelte di investimento che un imprenditore deve fare, specialmente se questo soggetto viene da altri territori e non ha un particolare legame nei luoghi in cui investe.
Riteniamo comunque che tutti queste considerazioni fanno emergere il fatto che con la scusa dei tagli della spesa pubblica si debba drasticamente sospendere gli investimenti, qualsiasi essi siano. Si tratta di una strategia completamente sbagliata e che danneggia ulteriormente il nostro paese limitandone fortemente lo sviluppo.
Abbiamo anche nella nostra piccola Provincia degli esempi eclatanti.
Anche noi, come la maggior parte delle altre provincie, abbiamo un elevatissimo numero di edifici pubblici, prevalentemente di edilizia scolastica, prive delle più elementari misure di sicurezza e prive di ogni misura utile al risparmio energetico. Uno concreto piano di ristrutturazione di queste scuole, consentirebbe da un lato il risparmio di risorse utili a riscaldamento ed energia elettrica, dall’altro farebbe recuperare un minimo di dignità ad un paese che dovrebbe investire molto di più sulla scuola pubblica rispetto a quella privata. Questi lavori darebbero altresì fiato e speranze a medie e piccole imprese del territorio evitandone la drammatica chiusura.
Faccio fatica a comprendere e condividere il faraonico progetto presentato da ANCE e reso pubblico in occasione del loro ultimo Consiglio Generale in cui si vuole realizzare un Polo Scolastico per tutte le scuole secondarie superiori di Lecco presso “l’area della Piccola”.
MI chiedo, in un momento come questo, dove il Provveditorato agli Studi fa fatica a sostituire la maniglia di una porta, come si possa pensare di fare nuove costruzioni di edilizia scolastica super tecnologiche? E nello stesso tempo cosa fare degli edifici preesistenti? A chi affidare le attuali aree dove sorgono queste vecchie scuole e con quale compromesso?
Sinceramente la manutenzione ordinaria e straordinaria farebbe lavorare più lavoratori e consentirebbe il mettere in gioco anche le piccole e medie imprese, oggi in seria difficoltà.
Tutto questo non esclude la possibilità di fruire di questa area per realizzare laboratori di ricerca ed innovazione a sostegno delle scuole di ogni ordine e grado in una fase successiva.
Anche nell’ambito del riassetto idrogeologico, su un territorio molto complesso come il nostro, si potrebbe e si dovrebbe fare molto di più. Troppo spesso ci troviamo di fronte a situazioni di estremo pericolo, condizionate dalle caratteristiche del nostro territorio tra lago e montagne ma anche degenerato dall’incuria dell’uomo e da un passato di edilizia che spesso genera smottamenti ed ingenti danni.
Necessita in tal senso aumentare la manutenzione idrogeologica che sempre di più viene ridotta a seguito dei tagli lineari delle amministrazioni locali le quali impotenti hanno sempre meno risorse a disposizione.
Nell’ambito dell’edilizia privata invece è necessario fare delle considerazioni differenti. Se è vero, come tutti pensano, che la case è un bene indispensabile, è altresì vero che per acquistare un immobile necessita fare investimenti oggi non più sostenibili.
Come si può mai pensare che una giovane coppia o un qualsiasi ragazzo che vuole uscire di casa, rischi mai ad acquistate solamente un mini appartamento?
L’instabilità sempre più dilagante del posto di lavoro, la difficoltà economica di arrivare a fine mese, la resistenza delle banche per avere un accesso al credito, sono tutti elementi che hanno fatto crollare il mercato immobiliare.
Questa situazione ha generato alle nostre imprese edili una drammatica sofferenza di liquidità e contestualmente ha alimentato un indebitamento vertiginoso nei confronti delle banche.
Difatti molti, forse troppi immobili sono assoggettati da mutui ipotecari che non consentono, nemmeno volendolo, un abbassamento dei costi. Il vero problema è che, mentre nel passato l’immobile si rivalutava sempre di più, sino a divenire una alternativa all’investimento finanziario, oggi l’evoluzione tecnologica abitativa ha fatto diminuire il valore effettivo delle abitazioni.
Se da un lato stiamo finalmente entrando in una nuova modalità di costruzioni ecocompatibili e a risparmio energetico, dall’altro vantiamo di avere innumerevoli immobili invenduti e svalutati.
E’ necessario quindi introdurre nuovi criteri di sviluppo per il settore. Non è più rinviabile la politica della riqualificazione dei nostri quartieri a partire dall’attività di ristrutturazione.
Da anni, ai vari livelli, abbiamo chiesto allo Stato di incentivare concretamente la ristrutturazione di borghi antichi e preziosi per il nostra paese. E dagli stessi anni continuiamo a parlare di nuove politiche di riqualificazione di interi quartieri metropolitani e non.
Più volte le nostre osservazioni e richieste sono rimaste inevase e non sono state sostenute nemmeno dai nostri principali interlocutori come ANCE e Confartigianato.
Un peccato, in quanto continuiamo a perdere opportunità di rimpiego dei nostri lavoratori e delle imprese edili sul territorio.
Per la FILLEA CGIL diventa indispensabile convertire quello che è sempre stata l’edilizia tradizionale con un nuovo modo di costruire. Un costruire ed un ristrutturare con nuovi materiali che tutelino l’ambiente e che abbassino significativamente il consumo energetiche.
Questo è anche il motivo per cui ci troviamo oggi a celebrare il nostro Congresso, all’interno di una struttura così importante quale quella del Politecnico.
Proprio qui si fa ricerca e si studiano i migliori materiali che consentirebbero ai nostri siti abitativi di perfezionarsi e di migliorare il proprio risparmio energetico.
Nella giornata di domani abbiamo previsto un momento di incontro con alcuni docenti dell’Università per conoscere e visitare i laboratori dove si testano queste tecnologie.
Il sistema delle costruzioni, con tutte le parti sociali, ha la necessità di intraprendere una collaborazione con il Polo Universitario di Lecco in quanto strettamente legato alla necessaria riconversione sulle più moderne modalità di costruzione.
Abbiamo necessità reciproche, da un lato bisogna trovare finanziamenti anche all’interno del sistema della bilateralità per sostenere il Politecnico sulla ricerca e dall’altro è necessario urgentemente riqualificare imprese e lavoratori per utilizzare al meglio le tecnologie e i particolari materiali esistenti.
Risale proprio a mercoledì scorso la visita presso il cantiere milanese di City Life, appaltato in parte alla Colombo Costruzioni Spa, per toccare con mano l’utilizzo delle più avanzate tecnologie per il getto e per la fase di armatura di pilastri e solette. Stravolgente vedere le attrezzature utilizzate e le competenze che vengono messe in campo per la loro realizzazione.
Solo mediante la riconversione degli edifici nuovi e preesistenti, possiamo ancora trovare un varco per superare la devastante crisi di settore.
D’altro canto è un peccato che Stato e Regione Lombardia, non incentivino tale conversione mediate anche semplici ma incisive agevolazioni.
Una tra tante: abbiamo sentito parlare tanto del dibattito parlamentare, inutile e dispersivo in merito alla abolizione dell’IMU. Un dibattito più improntato sulla demagogica propaganda elettorale che da contenuti veri. Una operazione che si è conclusa con l’abolizione parziale dell’IMU e con i malcontenti di coloro che si sono trovati gravati della nuova imposta TARES. Anche questa volta abbiamo perso una grande opportunità. Quella Imposta sugli immobili, da un lato poteva essere sgravata sino ad un definito valore catastale e dall’altro poteva essere sospesa per tutti coloro che avrebbero fatto opere di ristrutturazione della propria abitazione. Anche così si riesce a far ripartire l’edilizia.
Un altro importante incentivo dovrebbe essere riconosciuto a coloro che costruiscono siti abitativi a basso impatto ambientale, utilizzando le tecnologie sopra richiamate.
E’ paradossale pensare che persistano identici oneri di urbanizzazione per chi costruisce edifici a risparmio energetico ed a basso impatto ambientale rispetto a coloro che costruiscono ancora edifici tradizionali.
Anche rispetto al rilascio delle autorizzazioni per costruire vorremmo dire la nostra
Molti imprenditori lamentano le eccessive lungaggini burocratiche in merito al rilascio di Concessioni Edilizie. Spesso le tempistiche vengono dettate e condizionate dalle diverse Commissioni Amministrative. Noi pensiamo che sia corretto salvaguardare le norme paesaggistiche e la tutela ambientale mediante coerenti PGT. E’ evidente che necessita però maggiore coerenza ed omogeneizzazione dei criteri.
Troppo spesso ci si nasconde all’interno delle autonomie territoriali per esigere attestazioni, documenti e cavilli burocratici che rischiano di far perdere la trasparenza e la coerenze, allungando inutilmente le attese per le imprese esecutrici anche a discapito dei lavoratori che rappresentiamo.
Sono tanti i punti da cui ripartire, peccato che non intravediamo da parte delle Associazioni Datoriale e dalle Istituzioni disponibilità a ricercare sinergie comuni per il rilancio del settore.
E’ evidente che la crisi del settore delle costruzioni ha trascinato anche i settori ad essi collegati come il settore Lapideo, del Legno, del Cemento o premiscelati.
Fortunatamente le aziende che abbiamo nel territorio come Unicalce Spa e Fassa Bortolo Spa hanno investito su una serie di diversificazioni di prodotto tale da limitare la loro esposizione.
Diverso invece è quanto sta avvenendo nel settore Lapideo che nel territorio lecchese è sempre stato costituito da piccole imprese che stanno subendo la concorrenza asiatica, specialmente per l’attività di taglio e lucidatura. A queste imprese necessita una drastica conversione della propria attività, più improntata alle lavorazioni speciali che al tradizionale e meno professionale taglio dei blocchi e di lucidatura.
Per quanto concerne il settore del legno arredo, riscontriamo una crisi a macchia di Leopardo. Fondamentale è presentarsi in un mercato con buon rapporto qualità prezzo, caratterizzato da un design che pone la differenza. E’ comunque evidente che anche in questo settore, la ristrettezza economica ha influito notevolmente, spostando l’interesse a prodotti di scarsa qualità, affidati alla grande distribuzione.
Bilateralità
Davanti ad uno scenario come quello presentato dai dati statistici della nostra Cassa Edile, è inevitabile rivedere gli assetti e l’organizzazione della nostra bilateralità.
E’ un ragionamento che stiamo portando avanti con FILCA CISL e FeNEAL UIL a livello nazionale.
Pensate se, solamente cinque anni fa, avessimo solamente accolto e condiviso le posizioni di ANCE, Confartigianato e CNA di Como e Lecco, nella quale ribadivano la volontà di dividere la Cassa Edile di Lecco e Como, dove saremmo andati a finire.
Certo è che oggi, di una Cassa Edile che vanta novant’anni di storia, non ne avremmo più potuto parlare. All’epoca ricordo, che solo la FILLEA CGIL di Lecco era contraria alla divisione delle Casse. Anche i nostri colleghi comaschi sostennero la divisione delle Casse Edili, mettendoci in seria difficoltà.
Dopodiché le tre Organizzazioni Sindacali Lecchesi tennero duro e portarono il problema alle proprie strutture regionali e nazionali. Un ringraziamento particolare va fatto alla nostra struttura lombarda che dopo aver compreso la pericolosità a cui si andava incontro, ci diede una mano per recuperare la FILLEA CGIL di Como e per avanzare congiuntamente una proposta di mediazione che mantenesse la medesima struttura con una Presidenza allargata a quattro componenti e che tenesse conto delle rappresentanze di entrambi i territori.
Già da li però si intravedevano i primi segnali di scricchiolamento della tenuta del sistema della bilateralità. Avanza ancora, in maniera molto forte, all’interno del mondo imprenditoriale, la volontà di sganciarsi da questo sistema. A queste persone mi permetto di dire che grazie a questo sistema, possono ancora stare sul mercato.
Questi enti, tanto bistrattati anche all’interno della nostra Organizzazione, se utilizzati come strumento della contrattazione e della regolarità, consentono di stabilizzare il mercato delle costruzioni che diversamente si sgretolerebbe immediatamente.
E’ evidente che servono correttivi e riorganizzazione delle proprie strutture svincolandosi dai campanilismi.
Sono finiti i tempi in cui la bilateralità poteva economicamente sostenere costi nazionali di CNCE e di Formedil così importanti. Bisogna ottimizzare al meglio le risorse contestualizzandole sul territorio.
Nello stesso tempo dobbiamo limitare i costi per le imprese, senza che questo graviti sui lavoratori, sull’Apeo e sulle loro prestazioni. Volendo si può !!!
Basta evitare sostenere costi per la direzione di piccole Scuole Edili, come quella di Lecco, con inquadramenti da General Manager. Abbiamo il dovere di farlo, se non vogliamo mandare in fumo anni di storia dei nostri complessi ma indispensabili Enti.
Un lavoro a livello interprovinciale sta venendo avanti. Qualcuno timidamente lo chiama “valorizzazione delle sinergie in comune” io penso che debba essere chiamato come dovrà successivamente diventare: un accorpamento di Casse Edili che hanno tra loro similitudini.
Questo progetto lo stiamo portando avanti con le provincie di Como, Sondrio e Varese. Se questo progetto dovesse andare a buon fine, noi andremmo a costituire una delle casse Edili più grandi d’Italia, dopo quelle di Milano, Bergamo e Brescia. Il progetto è ambizioso ma con l’aiuto delle nostre strutture nazionali e regionali, potremmo riuscire a farlo.
E’ evidente che tutti questi ragionamenti vanno fatti in un ottica di salvaguardia del personale che lavora negl’enti e comunque in un processo riorganizzativo di almeno cinque anni.
Simili ragionamenti vanno fatti anche per la Scuola Edile, tenendo in considerazione l’estrema utilità che l’ESPE di Lecco oggi ha per il settore. Dobbiamo necessariamente ottimizzare i costi ma nello stesso tempo migliorare ancora la nostra offerta formativa.
Su quest’ultimo aspetto, diventa fondamentale fare percorsi mirati per la riqualificazione dei lavoratori con l’inserimento di corsi specifici per l’utilizzo dei nuovi materiali.
Una collaborazione particolare potrebbe arrivare sia da questo Politecnico che dal mondo imprenditoriale che tratta questi materiali innovativi.
E’ evidente che lo stesso personale della scuola va riqualificato e riorganizzato per una risposta immediata e competente a chi nel settore ne faccia richiesta.
Va tenuto anche in considerazione l’accorpamenti delle Scuole Edili che in futuro potranno essere unificate con la Scuola Edile di Como per raggiungere gli obbiettivi di cui dicevo prima.
Piano Cave
In questi giorni si è definitivamente concluso l’iter relativo al Piano Cave ventennale della Provincia di Lecco. Ora la discussione passerà nei prossimi mesi alla VI° Commissione di Regione Lombardia.
Personalmente non mi ha affascinato molto il dibattito che ha poi portato alle note decisioni rispetto alle Cave esistenti.
Una discussione più improntata da controversie ed equilibri politici che da reali questioni di merito. Lo dimostrano gli incontri della Commissioni Cave dove noi abbiamo, insieme a FILCA CISL e FeNEAL UIL titolarità a partecipare.
Convocazione a volte non pervenute, incontri nei quali si prendeva solamente atto delle nostre dichiarazioni senza mai entrarne nel merito, ecc.
E’ evidente che Commissioni di questo tipo rischiano di diventare inutili e poco costruttive.
Per noi la gestione delle Cave riveste una significativa importanza per l’approvvigionamento delle aziende che seguiamo come Fassa Bortolo Spa, Calcestruzzi Erbesi Spa e Unicalce Spa.
E’ altresì vero che una Organizzazione Sindacale Confederale come la CGIL deve necessariamente tenere in considerazione una serie di fattori che vanno ad intrecciarsi fra loro e devono consentire che una Cava, sia pure impattante a livello ambientale, possa trovare il giusto equilibrio fra lo sfruttamento del giacimento, la sua bonifica e il ripristino.
Premesso questo fondamentale aspetto, necessita a livello nazionale individuare i luoghi dove estrarre materiale in modo da definire una mappatura fedele e coerente per lo sfruttamento del territorio. Solo così possiamo differenziare e ridimensionare i quantitativi di materiale estratto. Nello stesso tempo, al fine di limitare e monitorare i poli estrattivi, si devono necessariamente ridurre le tempistiche di estrazione ed i quantitativi del materiale estratto. Non è possibile pensare di fare Piani Cave con cadenza ventennale. Questo lo si può realizzare anche mediante lo strumento delle Riserve Estrattive.
Pensioni
In questo difficile momento, spesso ci siamo scontrati con le ambiguità e le contraddizioni introdotte da questi ultimi Governi.
Difatti se da un lato vengono avanzate dichiarazioni per le quali vogliono sviluppare politiche attive a favore dei giovani, dall’altro non riusciamo a comprendere come mettere in moto questo ricambio generazionale all’interno del mercato del lavoro con l’allungamento dell’età pensionabile.
Paradossalmente ci troviamo davanti a situazioni di lavoratori che dopo quarant’anni di anzianità professionale si trovano estromessi dal mondo del lavoro senza la possibilità di un inserimento occupazionale.
Sono i tipici soggetti, troppo anziani per lavorare e troppo giovani per andare in pensione.
Tra i tanti danni fatti dal Ministro Fornero, quello dell’innalzamento dell’età pensionabile è quello che ha avuto maggiore rilevanza.
Difatti ci troviamo davanti a lavoratori che per raggiungere lo scoglio della pensione, non hanno a disposizione ne il salvagente, ovvero la mobilità, ne la banchina per approdare in quanto qualcuno con il mare in tempesta l’ha voluta spostare.
Con questo sistema questo lavoratore non solo non potrà avere alcun sostegno al reddito ma contestualmente si sentirà nettamente estromesso dal mondo del lavoro e dalla società.
Sono molti i casi di lavoratori che nella piena solitudine, si trovano in mezzo ad una strada disperati nella più competa solitudine. Alcuni di questi hanno iniziato precocemente a lavorare senza avere la fortuna di poter studiare perché economicamente disagiati ed hanno dedicato la propria vita al lavoro con sacrifici e con l’illusione di raggiungere un giorno la propria pensione.
Tutte le ultime riforme sulle pensioni hanno con meccanismi di disuguaglianza, allungato impropriamente l’età pensionabile. L’ultima, ha ancora maggiormente aggravato la situazione dei lavoratori. Difatti, all’allungamento dell’età pensionabile sono stati penalizzati gli aspetti economici per coloro che raggiungeranno il requisito pensionistico, trasformando e consolidando definitivamente il sistema contributivo.
L’altro aspetto che grida vendetta è il fatto che in Italia tutti vadano in pensione con la medesima anzianità contributiva, indifferentemente dal tipo di lavoro che hanno effettuato, fatto salvo sporadici casi di lavori denominati usuranti.
Nei Congressi di base i lavoratori edili ci hanno evidenziato e dimostrato come il loro lavoro è più usurante di altri.
Umidità, freddo, caldo, polvere, rumore, posture, sforzi particolari, sono tutti fattori di rischio che coloro che lavorano nei nostri comparti produttivi vivono tutti i giorni.
È evidente che bisognerebbe pensare a un meccanismo di calcolo più innovativo e corrispondente alla realtà.
Noi ne abbiamo elaborata uno che riteniamo equo e obbiettivo. E’ evidente che i nostri operaio non possano andare in pensione insieme all’impiegato di banca o allo stesso sindacalista. Necessità quindi allargare la fascia di quei lavori che vogliamo considerare usuranti ed imporre a questi una maggiore contribuzione a carico delle imprese, utile all’anticipazione dell’erogazione della pensione. Solo così possiamo avere dipendenti che per la loro tipologia lavorativa possono andare in pensione, giustamente prima di altri senza generare squilibri al già precario sistema previdenziale.
Diversamente rischieremo, come già avviene, di trovarci lavoratori di sessant’anni impegnati su ponteggi, a gettare pilastri a guidare mezzi in cava senza la piena capacità psicofisica per lavorare in condizioni di pericolo e di disagio per tutti.
Voi vi fareste mai operare da un chirurgo di sessant’anni?
Democrazia e partecipazione
Siamo nella fase più intesa del Congresso, in questi giorni si svolgeranno tutte le istanze congressuali provinciali di categoria, il 27 e 28 febbraio quella della Camera del Lavoro e così via.
Una delle discussioni più impegnative che dobbiamo affrontare è quella relativa all’undicesima azione del documento congressuale che parla di “Democrazia e Partecipazione nella CGIL”.
Un tema importante, perché riprende quello che sono i principi e le origini della nostra Organizzazione.
Se oggi la FILLEA CGIL di Lecco rappresenta il 60% dei lavoratori del settore delle costruzioni, lo deve alla costante presenza, confronto e partecipazione con gli operai edili, all’interno dei cantieri.
Questa presenza costante che Giancarlo, Mauro e Francesco garantiscono sui cantieri, è la dimostrazione che pur calando il numero degli iscritti di oltre 300 unità, si può rimanere la prima Organizzazione sul territorio.
E’ evidente che questo aspetto deve essere salvaguardato e garantito sempre, anche rispetto alle difficili scelte che l’Organizzazione è impegnata ad affrontare.
E’ questo elemento che ci ha sempre differenziato da CISL e UIL le quali, nel rispetto della loro autonomia, hanno regole differenti.
Dopodiché sono ben consapevole che il meccanismo della democrazia può essere espletato in diversi modi, in funzione al coinvolgimento che quel determinato comparto produttivo consente di fare. Non tutti i luoghi di lavoro sono i medesimi, non in tutte le realtà lavorative si riesce a coinvolgere centinaia di lavoratori in un'unica assemblea.
Non giustifichiamo però questo per svincolarci dai nostri storici principi democratici. E’ evidente che l’animato confronto con la FIOM su questo tema deve necessariamente trovare elementi di mediazione e condivisione.
Tutti noi dobbiamo ricercare un punto di equilibrio nella consapevolezza e nell’umiltà.
Non dimentichiamo mai che la FIOM è la CGIL e la CGIL è la FIOM, quantomeno nel rispetto dei Compagni che ci hanno preceduto e che ci hanno affidato la responsabilità di questa Organizzazione.
Avremo occasione nei prossimi giorni di confrontarci sul Testo Unico sulla Rappresentanza.
Personalmente penso che la difficoltà di tale discussione sta più sul metodo con cui l’accordo è stato firmato che sul merito. Talvolta il metodo però prevale sui buoni contenuti di merito.
Conclusioni
Mi accingo alle conclusioni di questa lunga ed articolata relazione.
Sono trascorsi già quattro anni dal giorno in cui mi è stata affidato il compito di direzione di questa importante categoria che ci tengo a ricordare, rimane la seconda categoria degli iscritti attivi all’interno della nostra Organizzazione.
Vi assicuro, non è stato semplice affrontare quanto sta accadendo. Molte aziende tra le più importanti, hanno subito processi di ristrutturazione. Questo ha inciso in maniera pesante sul nostro Comitato Direttivo che dovrà essere rinnovato domani.
Non fa parte della mia persona elencare i risultati raggiunti. Se mai posso avervi detto cosa resta da fare.
E’ evidente che da qui ai prossimi due anni, sarà necessario fare una politica di rinnovamento all’interno del nostro Comitato Direttivo per consentire la sostituzione di quei delegati non più appartenenti ai nostri settori con nuovi delegati da ricercare equamente tra il settore edile e quello da noi più semplicemente denominato degli impianti fissi. Tutto questo dipenderà anche dall’evoluzione che prenderà questa crisi. Certamente la Commissione Elettorale non potrà che tenerne conto nei ragionamenti di riassetto.
Concludo quindi nel ringraziare di cuore tutti voi per la vostra attenzione ed in particolare non posso che ringraziare i delegati e le delegate qui presenti. Con molti di loro abbiamo affrontato innumerevoli problemi aziendali e sempre con loro abbiamo organizzato iniziative di agitazione a fianco della nostra Camera del Lavoro ci hanno dato grande visibilità.
Quando si organizza una manifestazione, la CGIL di Lecco sa che la presenza in piazza della FILLEA fa la differenza. Talvolta troppo. E’ anche per questo motivo che voglio ringraziare il Dirigente della Digos di Lecco Dott. Nera per averci aiutato a gestire cortei e manifestazioni che non neghiamo, talvolta hanno generato non pochi disagi alla città. Gli amici della Digos hanno però sempre compreso e con discrezione assistito le nostre iniziative, anche quando queste sono avvenute autonomamente sotto a Istituzioni importante come il Tribunale di Lecco.
Un altro ringraziamento vorrei farlo ai Compagni della struttura nazionale e regionale per avermi sostenuto, anche quando talvolta con massima democrazia, ho espresso il mio dissenso su aspetti politici ed organizzativi che non condividevo.
E per ultimo non per importanza ma per profondo affetto; la mia squadra che mi è sempre stata vicina e mi ha sostenuto anche nei momenti di maggiore sconforto.
Ivana una Compagna che ha dimostrato un forte senso di appartenenza all’organizzazione e con la quale non saremmo mai riusciti a filtrare gli innumerevoli problemi di lavoratori che varcano il nostro ufficio. Chiunque è passato da lei la ricordano tutti per il modo che ha di affrontare i problemi, spesso anche su aspetti non strettamente contrattuali e comunque finalizzati a dare una mano ai lavoratori.
Giancarlo uomo metodico, tenace, a volte testardo ma grande conoscitore del settore. Non si è mai tirato indietro al confronto, specialmente quando deve esprimere il proprio punto di vista. Un Compagno d’organizzazione leale e gran lavoratore.
Mauro Compagno di mille sventure. Con lui abbiamo dovuto affrontare insormontabili problemi , ma siamo ancora qua. Grande personalità, è l’anziano del gruppo e con la sua pacatezza è colui che ci ridimensiona e ci da la carica quando apriamo all’interno della nostra struttura animate discussioni.
E in fine Francesco, una persona che non esistono aggettivi per giudicarlo. Un grandissimo amico di e Compagno. Ho avuto una grande fortuna a ritrovarlo dopo tanti anni. Le sue difficili esperienza di vita, lo hanno portato a diventare un grande saggio. Con lui abbiamo condiviso dei progetti in categoria che vorremmo riproporli sia per il prezioso contributo che ha lasciato che per il rapporto molto forte che ha costruito con molti lavoratori.
Un grazie anche al mio Segretario Generale con cui abbiamo e spero avremo in futuro piacevoli confronti e che sicuramente sono stati utili anche per la mia crescita politica all’interno della CGIL di cui sono sempre più orgoglioso di farne parte.
Un abbraccio sincero a tutti voi.